Τρίτη 18 Ιουνίου 2013

“Avere un papa’ gay e’ avere un papa’”: intervista a Nadia e Stefano

giu 12, 13 “Avere un papa’ gay e’ avere un papa’”: intervista a Nadia e Stefano
“Mio papà è gay e non sa piegare i calzini!”.
“Mia mamma è lesbica e rompe le scatole come tutte le mamme!”.
Queste le frasi, affiancate dallo sloganIl valore delle famiglie friulane”, apparse su manifesti che hanno tappezzato di recente la città di Udine. La campagna è stata promossa da Arcigay Friuli ed è una novità assoluta poiché fino ad oggi in Italia i figli maggiorenni di genitori omosessuali non avevano mai prestato i loro volti per una campagna di sensibilizzazione.
Tra i testimonial della campagna Stefano Miorini e sua figlia Nadia che hanno deciso di impegnarsi attivamente per sconfiggere i pregiudizi su omosessualità e omogenitorialità.

foto-mamma-lesbica 

Nel 2010 i manifesti con baci gay contro l’omofobia pensati sempre da Arcigay e Arcilesbica friulani, avevano varcato i confini regionali facendo parlare di sé tutta l’Italia. L’anno successivo le due coppie erano diventate addirittura l’immagine simbolo della campagna nazionale di Arcigay. Ma da quel bacio, simbolo di amore e di diritti, nascono nuove famiglie.
Le famiglie di cui Stefano e Nadia ci parlano in quest’intervista.
Avete partecipato ad un progetto bellissimo. Come avete deciso di “metterci la faccia”, letteralmente?
Stefano: La campagna è stata ideata più di due anni fa, da Giacomo Deperu, presidente Arcigay Friuli, nonché mio compagno di una vita. Nadia ed io abbiamo quindi avuto modo di abituarci all’idea e di immaginarla, decidendo, un po’ con coraggio un po’ con timore, di buttarci in questa “avventura”. Per Nadia era un voler mostrare la propria normalità, portare un contributo all’affermazione dei diritti delle famiglie arcobaleno e aiutare a far emergere quei genitori omosessuali, che vivono nascosti nelle famiglie. Io volevo fortemente far capire che noi omosessuali siamo perfettamente in grado di essere genitori. Non si prescinde dall’omogenitorialità nella totale sconfitta del pregiudizio omofobo. Per fare questo, Nadia ed io non abbiamo messo solo la faccia ma tutta la nostra vita.
La campagna è stata oggetto, com’era prevedibile di numerose polemiche…
Nadia: È una campagna molto innovativa, forse la prima in Europa con figli adulti che si espongono per sostenere i propri genitori, e va a colpire dritto nel segno: l’omogenitorialità. Qui l’Italia si spezza in due e poco meno della metà degli italiani ha idee contrarie. Io rispondo sempre che i genitori omosessuali e i loro figli non sono idee ma persone in carne ed ossa, intrise di sentimenti e di vita. Manca loro solo una cosa, i diritti/doveri, che a casa mia, prendono il nome di matrimonio egualitario. Le leggi contribuiscono alla crescita culturale, in questo caso arricchendoci.
Stefano: Questo è un percorso storico che approderà nella totale uguaglianza, ma noi italiani vogliamo arrivare ultimi? Le polemiche sollevate da frange estremiste, in difesa della “famiglia tradizionale”, termine inventato ad hoc, ormai mi fanno sorridere. Le critiche che più m’infastidiscono sono quelle di molti omosessuali che, intrisi di omofobia interiorizzata, non si sentono all’altezza di rivendicare i propri diritti o, peggio ancora, discriminano essi stessi altri omosessuali “rei” di esserlo in modo troppo esplicito per i loro canoni. Per questo l’omofobia va combattuta su più fronti a partire dalle scuole, ben prima delle superiori, dove ragazze e ragazzi adolescenti omosessuali, esasperati e SOLI, arrivano a gesti estremi.


Stefano, raccontami un po’: com’è stato parlare a Nadia della tua omosessualità?
Stefano: Nel momento in cui ho parlato della mia omosessualità a Nadia, lei aveva nove anni, sapeva che non c’era differenza fra amore omo ed etero, inoltre dentro di lei, aveva percepito che Giacomo ed io eravamo una coppia… Parte della sua famiglia. Quindi nulla di più facile, se ti prepari la strada per una vita intera! Nadia nemmeno ricorda questo momento, lei ha vissuto la mia omosessualità serenamente, come sua quotidianità. A lei, Stefano suo papà e Giacomo, davano amore e stabilità, solo questo importava.
Ti sei mai sentita discriminata per questo? Come hai affrontato la questione a scuola?
 Nadia: Nel momento in cui mi sono scontrata con l’intolleranza della società e il bullismo a scuola, mi sono sentita indirettamente discriminata. Nel periodo delle scuole medie ero un po’ turbata, vedevo che un mio compagno subiva omofobia, volevo aiutarlo, con alcuni gesti l’ho fatto, ma poi mi sono chiusa in me stessa. La mia vita comunque procedeva negli avvenimenti, incondizionatamente. Al tempo poi delle superiori ho ritrovato la voglia di confrontarmi, con ciò che per molti dei miei coetanei, è ancora oggi innaturale: l’omosessualità e l’omogenitorialità.
Vivi con mamma o papà?
Nadia: Non ho una fissa dimora, mi divido fra appartamento di Trieste, dove studio, mamma, papà e di tanto in tanto vado dal fidanzato. Ho le valigie sempre pronte, insomma.
Stefano, la mamma di Nadia come ha reagito quando le hai detto di essere omosessuale?
Stefano: Io e sua madre ci siamo conosciuti alla scuola infermieri, diciassette anni lei, diciannove io, divenne per me una delle migliori amiche. Le dissi, quasi subito, che a me piacevano anche gli uomini… era fiera della mia confidenza. All’epoca vivevo un percorso di accettazione che spesso passa per la bisessualità.
Pensi mai di avere altri figli con il tuo compagno?
Stefano: Se avessi dieci anni in meno lo vorrei ma poiché potrei diventare nonno tra non molto, preferisco risparmiare le energie.


Nadia cosa significa avere un papà gay?
Nadia: Avere un papà gay è avere un papà. Non è l’orientamento sessuale a determinare le qualità di un genitore. È certo che mi ha trasmesso una visione aperta della vita, accettando le diversità e vivendole come arricchimento. In famiglia sono abituata a confrontarmi su tutto e ad essere me stessa. Ho acquisito una certa sensibilità rispetto ai temi lgbt e se posso voglio essere di supporto e d’esempio.
Che cosa direste a chi afferma che è nocivo per un bambino crescere in una famiglia omogenitoriale?
Stefano: Dico che le loro affermazioni si basano solo su preconcetti ormai antichi. Loro non conoscono i bambini in questione, non hanno né sensibilità né cultura rispetto al tema. Ci sono ricerche trentennali, ci sono dichiarazioni di associazioni internazionali di psicologia e pedagogia sull’omogenitorialità. Consiglio loro di informarsi e di passare un pomeriggio in compagnia di queste famiglie oppure di fare una bella chiacchierata con la mia Nadia.
 .
Di Sarah Kay

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