Documento politico Catania Pride 2014
La questione del lavoro si pone come tema centrale nelle politiche dei nostri giorni, attraversati da una profonda crisi ideologica ancorché economica, dato che il capitalismo è una ideologia ed esso è alle soglie di un processo di crisi, nel senso etimologico del termine – perché a noi importa dei greci! – tant'è che speriamo che tale processo venga veramente vissuto ed elaborato: l'uscita da un periodo di crisi è una incognita, ma almeno non si permane in una stagnazione che impantana ogni soggetto.
L'ideologia della speculazione finanziaria regna e produce modelli non a misura di essere vivente; in un contesto in cui apparentemente i Paesi occidentali stanno progredendo nel settore dei diritti civili assistiamo a una duplice tendenza: da una parte, chi si oppone all'estensione dei diritti fa quadrato e radicalizza lo scontro; dall'altra, gli stessi Paesi che allargano l'ambito dei diritti civili sono inquadrati entro un modello occidentalista la cui applicazione produce un deciso restringimento della sovranità di sé per se stessi e di quella delle masse, forme machiste di relazione con l'altro da sé, erosione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e lo scientifico abbattimento di ogni forma di capacità di critica e di coscienza di classe o di appartenenza. «In Italia, ad esempio, è in corso la progressiva sostituzione del welfare (a misura di singolo cittadino) con modelli familisti», ciò nell'ottica di una «costruzione normativa mirante a perpetrare violenza e oppressione sui soggetti non conformi» (Buffoni, Zamel).
Di fronte alla necessità della sopravvivenza nessun diritto alla libertà individuale (e collettiva) può trovare vera esplicazione: nessun diritto al matrimonio senza il diritto a poterselo permettere economicamente, nessuna adozione è possibile senza la possibilità di mantenere l'eventuale prole, registrarsi civilmente non conviene.
L'Omo (e le/i Trans*) Nobilita il Lavoro
Nel sistema economico capitalista volto a marcare con dolo le divisioni dei ruoli legati ai generi (che esso stesso contribuisce a formare) e agli orientamenti sessuali, le persone LGBTQI vanno incontro a un doppio stigma: nella già difficile condizione generale in cui molti e molte, indipendentemente dagli orientamenti sessuali e dal genere, vivono enormi difficoltà a trovare lavoro (venendo quindi identificati/e dal pensiero mercantilista dominante come “disoccupati/e”, ovvero soggetti “improduttivi/e” e quindi marginalizzati/e), si inserisce l'ulteriore difficoltà legata alla discriminazione per orientamento sessuale e per identità di genere.
Come leggiamo nella guida ai lavoratori/alle lavoratrici LGBTQI “Diritti al Lavoro” dell'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e a Difesa delle Differenze): negli ultimi dieci anni il 13% delle persone gay e lesbiche ha visto respinta la propria candidatura ad un colloquio di lavoro a causa del proprio orientamento sessuale e questa percentuale sale vertiginosamente al 45% per le persone transessuali. Se inseriamo questi dati nel più ampio contesto di crisi economica emerge un quadro preoccupante che vede le persone gay lesbiche e transessuali maggiormente esposte al rischio di esclusione dal mercato del lavoro. Da questa premessa è più facile comprendere perché più di un quarto dei lavoratori LGBT (26,6%) decide di tenere celato il proprio orientamento sessuale, temendo un peggioramento della propria condizione lavorativa o addirittura un licenziamento. Questo dato, affiancato all’esperienza di chi invece ha deciso di fare “coming out” e perciò ha subito discriminazioni, trattamenti iniqui o addirittura il licenziamento (25% tra le per persone trans), ci consegna l’idea di un mercato del lavoro che ancora non riesce ad includere e anzi a valorizzare le differenze di cui i lavoratori possono essere portatori.
Ulteriormente discriminate sono le persone HIV+ che, per evitare l'insorgere di difficoltà sul posto di lavoro, pongono molta attenzione alla tutela della loro privacy, non dichiarando, quindi, il proprio stato sierologico, affrontano una serie di problemi relativi ad assenze per visite, per il ritiro dei farmaci, ecc. con il rischio di incorrere in sanzioni o, peggio, nel licenziamento. Gli atti discriminatori possono essere sia legati allo stato sierologico che alle idee moralistiche che legano il virus dell'HIV a comportamenti sessuali considerati deviati o contro la morale di certo cristianesimo, soprattutto se la persona HIV+ è anche omosessuale o trans.
È necessario, quindi, agire attraverso un triplo canale: a) operare politicamente per cambiare in meglio il sistema economico che ci governa; b) promuovere la cultura delle differenze e il rispetto per l'altro/a da sé; c) legiferare per abbattere ogni elemento discriminatorio nella fruizione del diritto al lavoro (che si esplica nell'accesso al mondo del lavoro e nel compimento del lavoro stesso).
È opportuno che il mondo del lavoro pubblico e privato implementi nelle proprie politiche i principi legati agli equality standard (cd. gender equality e diversity managment) che permettano a tutte/i l'accesso al mondo del lavoro e la vita in esso senza discriminazioni per genere, orientamento sessuale e identità di genere; priorità, queste, che si innestino nelle nuove tendenze degli standard normativi nazionali ed europei.
Difendere il diritto al lavoro non significa porre il suo concetto al di sopra dei soggetti. Esso rappresenta uno dei molteplici aspetti delle nostre vite, come il sesso, le relazioni, le funzionalità biologiche. È parte di un tutto molto più variegato, necessario ma non totalizzante e ridurre l'identità della persona alla sua mera attività lavorativa, al suo essere occupato, disoccupato o inoccupato è un'operazione che spersonalizza e priva di valore e significato i soggetti (poiché sono solo ciò che lavorano). Il lavoro così inteso spersonalizza anche i lavoratori/le lavoratrici che smettono di lavorare (ad es. licenziati/e e pensionati/e) che, sulla scorta della ruolizzazione che il lavoro opera su di essi, abbandonano progressivamente i loro ruoli una volta abbandonata l'attività lavorativa, identificandosi con ciò che non si è più piuttosto che con ciò che si è.
Dobbiamo liberarci dai ruoli e dalle aspettative tipiche del sistema produttivo patriarcal-capitalsita che avvalora, per mezzo della sovrastruttura economica che si esplica nella contraddizione capitale/lavoro, i rapporti di forza sessuali patriarcali legati al maschile e al femminile, alla sessualità insertiva e alla sessualità ricettiva (capitalista=maschio attivo vs. lavoratore=femmina/femminilizzato passivo).
Attraverso il Movimento di Liberazione Sessuale le dinamiche oppressive del capitale potrebbero ancora essere scardinate per una fruizione libera non solo dei corpi, ma anche del lavoro.
Il nostro desiderio è di agire nell'ottica di una rinnovata liberazione dei corpi in un panorama in cui il concetto di liberazione può essere declinato in differenti sensi e altrettanti significati. Noi vogliamo rimarginare la ferita che si è venuta a creare tra diritti sociali e civili, che le rivendicazioni degli uni e degli altri comincino a procedere di pari passo influenzandosi vicendevolmente. Le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici aprono la strada a quelle di liberazione e con la nostra azione politica cerchiamo di fondere in uno i due soggetti: lavoratori e lavoratrici che lottano per la liberazione dei corpi dai legacci di sistemi economici malati e da quelli dei sistemi moralisti clericofascisti e che contribuiscano allo scardinamento di un pensiero dominante che ci impedisce di vivere le nostre vite nella pienezza che tutte e tutti meriteremmo.
Si comprende, dunque, perché quest'anno abbiamo sentito la necessità di porre al centro di questo Pride il tema del lavoro. Oggi più di ieri abbiamo il dovere di essere tutte e tutti agenti di cambiamento senza temere le sconfitte e lo scoramento, ma lottando con gioia e con orgoglio, per mezzo della manifestazione che più di ogni altra si caratterizza per liberazione, colore, allegria, visibilità.
Come scrive Foucault alla prefazione dell'edizione americana dell'Antiedipo di Deleuze e Guattari il cui primo libro è intitolato Capitalismo e schizofrenia: «Non credere che occorra essere tristi per essere militanti, per quanto sia abominevole ciò che si combatte. È la connessione del desiderio con la realtà (e non la sua fuga nella forma della rappresentazione) che possiede forza rivoluzionaria».
Il 27 giugno sarò a Catania a parlare di Transgender e Lavoro, argomento scomodo per le associazioni T*, sempre più concentrate sul transito e non sui problemi che l'essere trans* ci causa in questa società transfobica.
Vorrei realizzare un video, dove NOI parliamo delle nostre esperienze con il lavoro e dove NOI parliamo delle nostre idee e paure riguardo il mondo del lavoro. NOI dobbiamo riprenderci gli spazi e ricominciare a parlare da soggetti, perché quando siamo oggetto del lavoro di altri, psicologi, medici, avvocati, giornalisti, ci fanno dire quel che gli fa comodo e non quello che pensiamo.
Il mio intervento verterà sul lavoro, sull'assenza di tutele, sull'ostacolo documenti, sull'ostacolo transfobia per quelle persone che "non passano", sulle paure che frenano il transito per paura di rimanere in mezzo ad una strada, sui problemi e sulla solidarietà riscontrata durante il transito per quanto riguarda il lavoro, sul problema carceri, sui rapporti con i centri per l'impiego, su idee e progetti per favorire l'assunzione delle persone trans.
Il video vorrebbe essere soprattutto un racconto di esperienze, ma ciò non toglie possiate anche esprimervi riguardo eventuali soluzioni per favorire le assunzioni.
Il video vorrebbe essere soprattutto un racconto di esperienze, ma ciò non toglie possiate anche esprimervi riguardo eventuali soluzioni per favorire le assunzioni.
Il video (2 - 5 minuti) può essere girato con la webcam o con il cellulare, basta che si senta bene l'audio. La proiezione verrà svolta durante l'incontro "transgender e lavoro" il 27 giugno al pride Catanese e non divulgato via web salvo ulteriori accordi.
Siete liber* di dire quel che volete nel video, per darvi qualche idea metto qualche domanda traccia:
Hai perso il lavoro / ridotto il fatturato / cambiato mansione dopo la transizione?
Hai subito mobbing?
L'idea di perdere il lavoro è stato un limite per la tua transizione?
Cosa servirebbe per favorire l'occupazione delle persone transessuali?
Hai difficoltà a trovare lavoro?
Ti sei mai rivolt* a un centro per l'impiego? Come hanno reagito?
Hai mai lavorato in nero?
Cosa è andato storto durante i colloqui di lavoro?
Se deciderai di partecipare ti prego di girare il video entro il 16 giugno, in modo da lasciarmi il tempo di sistemarlo per la proiezione
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου
Εδώ σχολιάζεις εσύ - Comment Here
Σημείωση: Μόνο ένα μέλος αυτού του ιστολογίου μπορεί να αναρτήσει σχόλιο.