Τετάρτη 31 Ιουλίου 2013

La vie d’Adèle, il film vincitore all’ultima edizione di Cannes, è arrivato ieri a Milano




le vie d'adele

Domenica sarà a Roma. Nonostante l’assalto alla biglietteria, siamo riuscite a vedere il film. Ecco le recensioni della Redazione di Lezpop.
http://lezpop.it/la-vie-dadele-2/

Silvia Mie care, tenetevi pronte a copiare e tenere da parte il link del film (o di alcune sue scene) su Yutube (arriverà, arriverà), e linkatelo senza pietà a chi vi chiederà (ancora) cosa fanno le lesbiche a letto. Certo, le scene (rigorosamente al plurale) di La vie D’Adèle non possono essere esaustive, né sono necessariamente rappresentative (“quello che le lesbiche fanno a letto”, fortunatamente, è molto vario), ma insomma, vi risparmierà un sacco di tempo (e di bile). Per il resto, personalmente, ho poco da dire. Per me non ci sono state lacrime, né spannung, né catarsi. Se devo essere del tutto sincera anche la semplice immedesimazione è stata ben lontana.


 La vie d’Adèle è un film a tema carino, piuttosto piacevole (nonostante la camera mossa), un po’ troppo lungo e decisamente danneggiato dall’assenza di colonna sonora. Uno come tanti, se non che questo ha vinto Cannes e ha fatto parlare di sé in tutto il mondo.
Se dovessi descriverlo in una parola sarebbe: insoluto.
Marta In prima battuta, considerazioni di carattere pratico: uno, il film dura tre ore, perciò quando andate al cinema assicuratevi d’aver scelto un posto comodo, dell’acqua, gli occhiali se portate gli occhiali, qualcosa da sgranocchiare, un maglioncino se ad ottobre farà freddo. Due, assicuratevi di avere dei vicini silenziosi, o il volume del loro bisbigliare finirà per coprire il sussurrare sullo schermo, perché sullo schermo quando si parla, qui si sussurra. Su tre ore di film (una lunghezza ormai desueta) 20 minuti abbondanti sono di scene di sesso. Credibili. Molto, credibili. Così credibili che, come hanno fatto notare anche Milena e Silvia, al prossimo che vi chiede hey ma come fanno sesso due donne?” potete tranquillamente rispondere “guarda La vie d’Adèle e ti farai un’idea abbastanza precisa di come si volge la cosa. Prendi nota Lena Duham, così si affrontano le scene di nudo e così si mostrano corpi “non convenzionali”.

Il film dura tre ore e sarebbe una bugia affermare “ma no, le tre ore non si sentono affatto!”: si sentono eccome, anche in virtù dell’assenza di una trama propriamente detta. Non c’è fabula, non c’è intreccio, non ci sono topici momenti di rottura e cattivi da affrontare, non c’è spannung e non c’è inganno. La vie d’Adéle racconta una storia d’amore banale, come potrebbe essere la mia, la vostra, quella di chiunque incontrate per strada. Due persone si incontrano, si amano, passano un po’ di tempo insieme, si lasciano. Niente colonna sonora, niente colpi di scena, niente virtuosismi. Per fare un paragone con un altro film a tema, La vie d’Adèle sta a Imagine me and you come i cartoni animati sulle zebre stanno ai documentari sulle zebre: può piacervi, ma dipende tutto dal tipo di zebra che volete vedere.

LaMile Succede sempre così. Tutti ne parlano, tutti gridano al capolavoro. Poi vai al cinema e dici: tutto qui? Ahimè, nemmeno la Vie d’Adèle si sottrae a questa regola. Non intendo dire che il film sia brutto. Anzi. In alcuni momenti ho anche pensato: è bellissimo. Perché bellissima è la costruzione narrativa, Abdellatif Kechiche prende per mano lo spettatore e lo conduce nella vita di Adèle (in alcuni momenti anche troppo), bellissimi sono i dialoghi degli adolescenti e alcune battute che non ti aspetti (avete mai riso con un film francese, per giunta vincitore a Cannes?).


Bellissimo soprattutto è il racconto di una storia d’amore in cui ti dimentichi che le protagoniste sono due donne. In effetti, se la Vie d’Adèle ha un merito, è quello di ricordarci che, a prescindere dall’orientamento sessuale, dal genere che compone una coppia, il vero pericolo sono quelle gabbie chiamate ruoli. E poco conta che le protagoniste siano due donne, lo spettatore vede sullo schermo qualcosa che riconosce subito: la brava massaia e l’intellettuale in carriera. Forse per questo il film è piaciuto anche a parte della stampa cattolica. Il difetto (imperdonabile): troppo troppo lungo, troppo “francese” (ammetto, è una mia idiosincrasia, tutte le volte che vedo una pellicola dei cugini d’oltralpe, arriva il momento in cui invoco l’arrivo di Batman e di quelle belle pacchianate americane). Ma come mi hanno fatto notare: il regista l’ha fatto così lungo perché sa che glielo censureranno. In tutto ciò, il plauso va alle attrici: Adèle Exarchopoulos, che interpreta Adèle, è talmente brava che all’inizio del film vorresti abbracciarla e alla fine riempirla di schiaffi; e Léa Seydoux, Emma, la trasformazione in tomboy finto-ribelle con i soldi degli altri, è davvero notevole. La vie d’Adèle in una battuta: poteva essere capolavoro, e invece è un calesse.

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