NAPOLI - «Tra me e Roberta? Alchimia da subito; ricordo che ci incrociammo tra le scale del palazzo nel quale lavoravamo. Per entrambe fu un colpo di fulmine». Rossella, imprenditrice napoletana poco più che quarantenne, ricorda ancora con un pizzico d’emozione quel giorno di dieci anni fa, quando conobbe la donna che sarebbe diventata la compagna di una vita. Entrambe, con il piccolo Lorenzo nato tre anni e mezzo fa, saranno oggi alla parata conclusiva del Pride a Napoli. «Esserci – spiegano – è importante; perché sono troppe le discriminazioni e le limitazioni per quanti formano una famiglia omogenitoriale». Rossella lo sa bene. «Troppe volte per una semplice visita medica al nostro piccolo Lorenzo – racconta - mi sono sentita dire “mi spiace, qui possono entrare solo i genitori”. Sono parole che fanno male».
Procreazione assistita
Nonostante quel bimbo lo abbia desiderato sin da prima che nascesse, nonostante sia il frutto di un amore che va avanti da più di dieci anni, Rossella non ha alcun diritto.Per avere Lorenzo, le due donne sono dovute ricorrere alla procreazione assistita. Un percorso difficile, ma hanno ricevuto tutto il sostegno necessario dall’associazione Famiglie Arcobaleno (www.famigliearcobaleno.org), e da decine di coppie che prima di loro hanno intrapreso lo stesso cammino. Tutto è andato per il meglio e alla fine, dopo due tentativi, è arrivato Lorenzo. Una gioia immensa, ma anche tante difficoltà da affrontare. L’ultima il mese scorso, dopo una corsa al Santobono per una gastroenterite e l’ennesimo «entra solo la madre».
«Napoli città dalle mille sfaccettature»
Di episodi come questo Rossella ne potrebbe raccontare a decine, ormai ci ha fatto il callo. Altri, invece, spaventano di più. Ad esempio quando Roberta si è dovuta sottoporre ad un intervento chirurgico. «Il giorno prima ci siamo svegliate presto - ricorda la coppia- abbiamo scritto un testamento». Poche righe per indicare il partner quale tutore del minore in caso di morte del genitore biologico. «Tutti i nostri amici lo hanno firmato, ma in cuor mio – dice Rossella- sapevo che in caso di bisogno non sarebbe servito a nulla». Napoli però è una città dalle mille sfaccettature, nel bene e nel male Roberta e Rossella lo hanno capito. «All’inizio della nostra storia eravamo molto preoccupate per i pregiudizi della gente. Come avremmo vissuto? Poi con il tempo ci siamo rese conto che molti timori erano infondati. I pregiudizi ci sono ovunque, ma è come se qui la proverbiale “arte di arrangiarsi” qui si estenda anche alla voglia di capire meglio realtà apparentemente complesse come la nostra. Spesso ad aiutarci a superare gli ostacoli sono gli stessi dipendenti degli uffici pubblici».
«Noi tre insieme siamo felici»
Di qui gli espedienti trovati da molti medici per consentire a Rossella di stare vicina a Roberta, o al piccolo Lorenzo. L’impegno di un impiegato comunale, pronto a scervellarsi e farsi in quattro per riuscire a turar fuori uno stato di famiglia. «La nostra vita è un’altalena di emozioni. Passiamo dall’incontrare persone che ci mortificano a quanti ci dimostrano grandissimo affetto». Per Rossella e Roberta è sempre stato così, dal primo momento che hanno iniziato a progettare una vita insieme. Assieme hanno vissuto i timori comuni a qualsiasi coppia, e hanno pensato a lungo alla possibilità di avere un figlio. «Siamo solo genitori come tanti altri, con i nostri difetti e i nostri pregi. Ed è così che la maggior parte della gente ci percepisce. Vorremmo solo essere riconosciute come una famiglia. Poi, al di là di tutto, ogni sorriso di Lorenzo ci fa capire che abbiamo preso la decisione giusta. Perché noi tre, assieme, siamo realmente felici».
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