http://sadeide.blogspot.it/2013/08/edificio-17a-il-lungo-sonno.html
Non so cosa sia successo. Sono andato via con la testa. Troppo fentanil, che è più potente della morfina. Quanto potente? Cento volte di più. Forse le due sostanze si sono incontrate e accumulate . Nessuno sa darmi spiegazioni. Nessuno. Tutti a preoccuparsi per me. Tutti a controllare che io fossi sveglio. Ricordo: l'incontro con una strana persona. Un'assemblea. Un gatto che girava su se stesso. Il nulla. Mi venivano in mente: l'immagine di mio fratello seduto sulla poltrona che c'è in camera. Mi parlavano anche Claudia e Filippo. Filippo che ho voluto abbracciare, che cercavo continuamente. Avrei voluto alzarmi. Ma tutti, compreso Giuseppe l'infermiere, anche lui presente nella stanza, si opponevano. Solo alle venti sono riuscito ad alzarmi. Ho mangiucchiato qualcosa. Mio fratello va via insieme a Filippo. Filippo per dare da mangiare a Giuggiola e Santino, i nostri due mici. Poi ritorna. Sempre accompagnato da Pino in macchina. Anche Claudia se ne torna a casa. Resto da solo con Filippo. Apro il Gohonzon. Faccio fatica a concludere la preghiera. Mi metto a scrivere queste note con continui flash. Non capisco se sono fatti realmente accaduti o sono cose che ho sognato in questi giorni. Interrompono la scrittura. Riprendo non riuscendo a capire del tutto. In fondo, questo mi ha spinto a fare cinque anni di analisi. Solo che adesso è diverso. Non mi fa più paura. Posso affrontarlo. Vivo battagliando continuamente. Se vinco o perdo è secondario. L'importante è come vivo questo. Io cerco di viverle da vero guerriero.
Palermo,
21 agosto 2013
Salvatore Rizzuto Adelfio con il compagno Filippo Messina al Palermo Pride 2013
Salvatore Rizzuto Adelfio con il compagno Filippo Messina al Palermo Pride 2013
Il
lungo sonno è l'ultimo capitolo che Salvatore, mio compagno di
vita per tredici anni, mi ha chiesto di rivedere prima che il veloce
progredire della malattia mettesse fine a questa avventura
letteraria. Un diario di vitalità e una testimonianza di dignità
che merita una conclusione, sia pure non scritta dal suo autore
principale.
Salvatore
nella sua vita è stato mille cose. Tutte diverse. Ma non si è mai
pianto addosso. Non più di cinque minuti, almeno. Non parlerò, per
questo, del suo rapido declino, ma di quella luce che fino all'ultimo
ha continuato a rischiarare quanti erano vicino a lui, nonostante la
fine del viaggio fosse ormai vicina. Con questo diario, Salvatore ha
mostrato a tutti il vero significato della parola resistenza, e
l'inarrestabile forza di una creatività che non si arrende neppure
davanti alla disfatta. Salvatore ha comunque vinto sulla malattia. Facendole
le boccacce, osservandola, e crescendo in umanità fino
all'ultimo giorno a dispetto di tutto. Guardandosi indietro, non
poteva essere che così. Una mente come la sua, un cuore come il suo,
che tanto hanno dato alla città di Palermo, vivono in queste pagine
come in ogni iniziativa presa in una vita vissuta intensamente come
pochi sono riusciti a fare.
Un
guerriero del quotidiano, e un uomo capace di suscitare esplosioni
artistiche in tutti coloro che lo avvicinavano, come un allegro contagio. Salvatore è stato
questo: un meraviglioso catalizzatore di vita. Ci auguriamo tutti che
continui a esserlo per quanti lo hanno conosciuto attraverso queste
pagine.
Saluto
l'amore della mia vita, il mio migliore amico, con una delle più note
poesie di Eugenio Montale. Parole appropriate per una persona immensa
come lui.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Eugenio Montale
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Eugenio Montale
Tra i padri fondatori del movimento lgbt italiano,
Salvatore Rizzuto Adelfio se n'è andato per un cancro. La sua
fumetteria, AltroQuando, punto di riferimento per la cultura
indipendente palermitana.
Sessantadue anni, "Totò", come lo chiamavano gli amici, è stato tra i primi militanti del F.U.O.R.I. Giunta l'età del servizio militare, Salvatore lasciò l'Italia facendone una battaglia politica che lo portò ad essere il primo gay dichiarato a fruire della legge sull'obiezione di coscienza.
Neanche durante i mesi della sua malattia ha mai perso l'ironia, l'autoironia e lo spirito combattivo che hanno sempre caratterizzato la sua vita. Trapela tutto dal diario che lo stesso Salvatore ha tenuto , raccontando con il suo inconfondibile piglio quello che accadeva intorno a sé, alla sua mente ed al suo corpo impegnato in quella che definiva "sfida, non problema", che non lo ha mai fermato: non ha voluto, infatti, mancare al Palermo Pride dello scorso giugno.
“Pace
e bene.”
Esordisce
così. Entrando nella mia stanza. E già non mi piace. Naturalmente è
uno di quei frati che girano per gli ospedali. Cercano allocchi ai
quali raccontare le loro favolette. Oggi è la giornata giusta. Ero
leggermente annoiato e lui mi ha regalato un diversivo.
“Guardi,
non sono cattolico.”
“Appartiene
ad un'altra bottega?”
“Sì,
come lei dice, appartengo ad un'altra bottega.”
“Possiamo
parlare un poco lo stesso?”
“Se
vuole fare proselitismo, ha sbagliato di grosso. Alla mia età, come
favole continuo a preferire “Il
piccolo principe” alle
vostre.”
“Posso
sedermi?”
Gli
dico di sì. Gli sciorino le stragi, il sangue versato dalla
chiesa cattolica, le donne
trattate come streghe. Gli stramini
che hanno seminato per
il mondo. Culture e interi
popoli distrutti. Storia
che fino ad oggi non è finita. Con la faccia contrita mi dice che
lui è qui solo come
un umile frate di nome Franco.
“Ma
l'umile frate,” gli dico “ Appartiene o no a quella chiesa che ha
sede in Vaticano? Quindi se lei viene da me con quell'abito e quei
simboli rappresenta quella istituzione. Erede dello scempio fatto nel
mondo. Io rispetto persone come Don Gallo, Don Ciotti o Don Puglisi.
Non tutto il resto.”
“Vede
che qualcosa di buono c'è?”
“Mosche bianche in mezzo ad un branco di lupi.”
“Mosche bianche in mezzo ad un branco di lupi.”
“Papa
Francesco...”
“E
basta con questo papa Francesco! Tutto chiacchiere e tabacchiere di
legno. Quello che sta facendo è un restyling per continuare a
vendere lo stesso prodotto sporco di nefandezze. Non mi sembra
diverso dagli altri. Ha solo cambiato tattica.”
“Vedrà,
invece qualcosa la sta smuovendo seriamente.”
“Il
vero cambiamento ci sarà quando abolirete
le collusioni con la mafia. La
banca che ricicla soldi mafiosi e fa affari sporchi per il mondo.
Qui a Palermo la vostra chiesa metteva i bastoni fra le ruote a Don
Puglisi quando era vivo. Lo ostacolavano, gli negavano aiuti, lo
hanno fatto ammazzare. Una volta morto lo hanno fatto beato.
Una vera vergogna. Questo è il vostro modo di comportarvi.”
Inizia
tutta una filippica, iniziando dal concepimento che è un atto dove è
intervenuto dio. Ed io ingenuamente pensavo c'entrassero solo mia
madre e mio padre. Continua sostenendo
che ci sentiamo tutti dei padri eterni pronti a giudicare gli altri.
Che poi è quello che fanno loro. E allora gli parlo di fatti e di
strade da scegliere. Fatti. Don Puglisi lavorava in un quartiere ad
alta densità
mafiosa. Cercava di portare un minimo di giustizia, di cultura
antimafiosa. Fra mille disagi, fino a sfidare la morte per questo.
Dall'altra, una chiesa sorda ad ogni richiesta di sostegno e aiuto da
parte di quel prete. Una chiesa pronta ad aiutare un mafioso... che
è sempre un figlio di
dio, no? Gli chiedo secondo lui chi segue la strada del bene e chi
quella del male.Si impirugghia
e mi comincia a dire che la chiesa...
“Guardi
che se lei continua a difendere questa chiesa lei è complice tanto
quanto loro.”
Sta
per proseguire con la sua arringa difensiva.
“Ho
capito,” gli dico. “Visto che insiste in questo modo, trovo che
lei non sia degno di stare in questa stanza. Io non parlo con le
persone che difendono chi è colluso con la mafia. Reputo lei allo
stesso livello. Colpevole quanto loro. Quindi, lì c'è la porta. E'
pregato di andare via. Non bussi più a questa stanza. Si ricordi
dov'è, e la prossima volta la eviti accuratamente.”
Lo
accompagno alla porta, facendogli segno con la mano di smammare.
La
noia si è allentata un poco. Sono pronto e carico.
Avanti
il prossimo.
Δεν υπάρχουν σχόλια :
Δημοσίευση σχολίου
Εδώ σχολιάζεις εσύ - Comment Here
Σημείωση: Μόνο ένα μέλος αυτού του ιστολογίου μπορεί να αναρτήσει σχόλιο.