http://abbattoimuri.wordpress.com/2013/08/05/se-i-figli-sono-solo-della-madre-beddamatresantissima/
Terragni dice che non è omofobica (anzi scrive
che querela chi lo afferma) e personalmente non ho alcuna ragione per
non crederle. Penso però che la sua maniera di non essere omofobica
diventi normativa per le donne e gli uomini, tutti. Vorrei commentare un suo post che ragiona di figli e genitori omosessuali.
Scrive a Scalfarotto e tira fuori la storia di un ovocita fecondato con il seme di un amico gay. L’ovulo fecondato sarebbe stato impiantato nell’utero (in affitto) di un’altra donna e a fine gravidanza ecco che l’amico gay ha un figlio. Mentre Terragni parla della faccenda descrive la “madre” in quanto vittima da difendere e sostenere, perché sarebbe stata spezzata in due, divisa dal figlio (e il figlio dalla madre) e quest’ultimo sarebbe stato consegnato nelle presunte grinfie di incostanti e inaffidabili tate. La Terragni racconta che il rapporto col suo amico è andato in pezzi perché lei si oppose a quella scelta e lui perseguì ugualmente il suo obiettivo.
La tesi della Terragni è la seguente: “un uomo, di qualunque orientamento sessuale, etero o gay, non ha il diritto di portare via un bambino alla madre, di recidere quel legame (anche se la madre è d’accordo(…)). Non sto parlando di genitorialità gay: sto parlando di uomini che si fanno fare bambini dalle donne e glieli portano via (non è il caso, come ti sarà chiaro, di una lesbica che mette al mondo un bambino, perché lì il legame è preservato, tra le due pratiche non c’è simmetria). Qui c’è misoginia, qui c’è odio per le donne. Qui c’è questione maschile. Naturalmente quello che dico è opinabile, ma io ci credo fermamente, così come credo fermamente nell’esistenza di una differenza sessuale.“
Vorrei capire dove sta la differenza, in questo caso, con le tesi di persone che si oppongono all’aborto, ovvero quelle che immaginano che l’embrione abbia una scelta e che le donne debbano essere necessariamente traumatizzate dal distacco. Qual è la differenza tra chi dice che embrione e madre risentiranno in eterno di quel legame spezzato e quello che afferma la Terragni? Se è vero che è necessario riaffermare l’autodeterminazione dei soggetti, a che serve fruire di una delle rare battute della Butler a conforto delle tesi del femminismo della differenza per poi schiacciare donne e uomini negli stessi ruoli di genere di sempre?
Vedere le relazioni ancora secondo parametri di genere binario, dove esisterebbero solo donne (biologiche e con uteri) e uomini (etero/riproduttivi) non è un tantino anacronistico?
D’altronde se giusto a partire da una femminista leggiamo che i figli devono restare sempre e solo con le madri capisco allora il perché di tanta avversione da parte di certi femminismi per l’affido condiviso. Eppure le donne hanno lottato tanto affinché il lavoro di cura fosse condiviso equamente e ora che ce ne sarebbe la possibilità la spinta in netta retrocessione arriva giusto da chi pratica il femminismo della differenza e immagina che l’uomo possa di certo coccolare, nutrire e cambiare il pannolino al suo bambino ma giammai possa dirsi genitore alla pari se non sotto la supervisione della madre.
Che poi si dica che due omosessuali che prendono in cura un bambino siano misogini non lo condivido affatto. Perché altrimenti si potrebbe dire che due lesbiche che hanno un figlio lo privano del padre. E in qualunque modo la metti quel che succede è che finisci per toccare argomenti che galleggiano su una deriva scivolosa che procede di certo non in direzioni progressiste.
I figli non sono di nessun@ e non sono neppure di chi li cresce o di chi li fa. E se questo è valido per gli uomini è valido anche per le donne.
Il maternage di ritorno munito di beddamatresantissimosità è non solo lontanissimo da qualunque ragionamento che volge in direzione del rispetto per i diritti dedicati a tutti/e i generi ma è lontano anche, a maggior ragione, da una cultura, si spera sempre più diffusa, che finalmente spazza via gli obblighi di genere, i ruoli, i presunti innatismi, gli incarichi destinati per “natura” e restituisce agli esseri umani semplicemente i compiti che essi sceglieranno. A prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere che sentiranno adatti a se’. Ecco tutto.
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· Scrive a Scalfarotto e tira fuori la storia di un ovocita fecondato con il seme di un amico gay. L’ovulo fecondato sarebbe stato impiantato nell’utero (in affitto) di un’altra donna e a fine gravidanza ecco che l’amico gay ha un figlio. Mentre Terragni parla della faccenda descrive la “madre” in quanto vittima da difendere e sostenere, perché sarebbe stata spezzata in due, divisa dal figlio (e il figlio dalla madre) e quest’ultimo sarebbe stato consegnato nelle presunte grinfie di incostanti e inaffidabili tate. La Terragni racconta che il rapporto col suo amico è andato in pezzi perché lei si oppose a quella scelta e lui perseguì ugualmente il suo obiettivo.
La tesi della Terragni è la seguente: “un uomo, di qualunque orientamento sessuale, etero o gay, non ha il diritto di portare via un bambino alla madre, di recidere quel legame (anche se la madre è d’accordo(…)). Non sto parlando di genitorialità gay: sto parlando di uomini che si fanno fare bambini dalle donne e glieli portano via (non è il caso, come ti sarà chiaro, di una lesbica che mette al mondo un bambino, perché lì il legame è preservato, tra le due pratiche non c’è simmetria). Qui c’è misoginia, qui c’è odio per le donne. Qui c’è questione maschile. Naturalmente quello che dico è opinabile, ma io ci credo fermamente, così come credo fermamente nell’esistenza di una differenza sessuale.“
Vorrei capire dove sta la differenza, in questo caso, con le tesi di persone che si oppongono all’aborto, ovvero quelle che immaginano che l’embrione abbia una scelta e che le donne debbano essere necessariamente traumatizzate dal distacco. Qual è la differenza tra chi dice che embrione e madre risentiranno in eterno di quel legame spezzato e quello che afferma la Terragni? Se è vero che è necessario riaffermare l’autodeterminazione dei soggetti, a che serve fruire di una delle rare battute della Butler a conforto delle tesi del femminismo della differenza per poi schiacciare donne e uomini negli stessi ruoli di genere di sempre?
Vedere le relazioni ancora secondo parametri di genere binario, dove esisterebbero solo donne (biologiche e con uteri) e uomini (etero/riproduttivi) non è un tantino anacronistico?
D’altronde se giusto a partire da una femminista leggiamo che i figli devono restare sempre e solo con le madri capisco allora il perché di tanta avversione da parte di certi femminismi per l’affido condiviso. Eppure le donne hanno lottato tanto affinché il lavoro di cura fosse condiviso equamente e ora che ce ne sarebbe la possibilità la spinta in netta retrocessione arriva giusto da chi pratica il femminismo della differenza e immagina che l’uomo possa di certo coccolare, nutrire e cambiare il pannolino al suo bambino ma giammai possa dirsi genitore alla pari se non sotto la supervisione della madre.
Che poi si dica che due omosessuali che prendono in cura un bambino siano misogini non lo condivido affatto. Perché altrimenti si potrebbe dire che due lesbiche che hanno un figlio lo privano del padre. E in qualunque modo la metti quel che succede è che finisci per toccare argomenti che galleggiano su una deriva scivolosa che procede di certo non in direzioni progressiste.
I figli non sono di nessun@ e non sono neppure di chi li cresce o di chi li fa. E se questo è valido per gli uomini è valido anche per le donne.
Il maternage di ritorno munito di beddamatresantissimosità è non solo lontanissimo da qualunque ragionamento che volge in direzione del rispetto per i diritti dedicati a tutti/e i generi ma è lontano anche, a maggior ragione, da una cultura, si spera sempre più diffusa, che finalmente spazza via gli obblighi di genere, i ruoli, i presunti innatismi, gli incarichi destinati per “natura” e restituisce agli esseri umani semplicemente i compiti che essi sceglieranno. A prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere che sentiranno adatti a se’. Ecco tutto.
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