Nella nostra società ancora potentemente binaria, il destino di essere transgender, di transitare da un genere all’altro, è tutt’ora un’esperienza del tutto particolare, spesso rivoluzionaria e sconvolgente.
Chi la vive crea alle volte dei rapporti particolari con “compagni” di viaggio che rimangono delle pietre miliari nella propria storia, come dei segnali lungo la strada, che ci ricordano il nostro cammino.
Io e Andreas condividiamo il fatto di essere due uomini transessuali, di esserci conosciuti all’inizio della nostra transizione, di avere la stessa età, di aver fatto il nostro percorso nei medesimi luoghi, nello stesso momento. Ogni volta che ci incontriamo, tacitamente, ripercorriamo tutte le nostre tappe insieme, come fossimo una mappa l’uno dell’altro. Da qui l’idea di mettere per iscritto, in una doppia intervista, quello che leggiamo uno negli occhi dell’altro ogni volta che ci incontriamo per passare un po’ di tempo insieme.
Ricordi la prima volta che vi siete visti? Qual’è stata la prima impressione che hai avuto di lui? Come lo vedevi allora?
Andreas: La prima volta che lo vidi era una sera di primavera, era seduto su una sedia di plastica, sul terrazzo del Consultorio dove ci riunivamo per il gruppo A.M.A. a Torre del Lago. Se ne stava a testa bassa, raggomitolato, quasi abbracciava se stesso. Aveva una maglietta scura e dei jeans, capelli lunghi… sembrava agitato, insicuro, spaventato… mi colpì subito, il mio animo da “crocerossina” voleva capirne di più, voleva essere utile. Durante il gruppo se ne stava a testa bassa, seduto a terra per mancanza di posti a sedere, fissandosi i piedi e le mani. Inaspettatamente quando toccò a lui parlare di sé, mi sorprese per la padronanza di linguaggio e per la sua storia così forte, si esprimeva bene, ma con forte disagio, piangeva, si toccava continuamente i capelli, contorceva senza dar tregua le mani e non guardava nessuno negli occhi. Era da salvare. Questo pensai. Lo sentii subito una “anima affine”. Scoprii più tardi di non essermi sbagliato.
Egon: La prima volta che vidi Andreas fu anche la prima volta che andai al consultorio Transgenere di Torre del Lago. Era la primavera del 2011. Nel pomeriggio avevo fatto la mia prima seduta con la psicologa che poi ha seguito tutta la mia transizione. Mi dissero che la sera ci sarebbe stato il gruppo di auto mutuo aiuto tra persone transessuali ed io decisi di aspettare. Andai sulla terrazza e mi misi seduto su di una seggiola. C’erano altri ragazzi come me, alcuni più grandi, alcuni più giovani… mi sembrava incredibile… ero molto emozionato ma in qualche modo mi sentivo anche a casa. Lui stava affacciato alla spalletta del terrazzo, in mezzo ad altri ragazzi che evidentemente conosceva già.
Pensai: com’è maschile quello ma che seno grande che ha, deve essere un problema.
Quando poi iniziò la riunione e lui parlò della sua storia pensai: è lui, è lui la persona più simile a me qua dentro! Aveva l’intensità e la profondità nel parlare che stavo cercando quella sera.
Purtroppo raccontò una storia molto triste, era molto legato a delle cose che gli erano successe nel passato e che al momento sembravano impedirgli la felicità e la realizzazione personale. Mi colpì però molto la dignità che esprimeva pur esponendo esperienze fallimentari sotto vari punti di vista.
Andreas: Oggi Egon è una persona nuova, rinata, non solo nel corpo grazie alla terapia ormonale, ma nell’anima. Lo vedo come una Fenice, risorto dalle sue ceneri. Ha percorso tanta strada in questi due anni e mezzo, ha sofferto molto, senza scappare ha affrontato tutti i problemi che lo attanagliavano, ha affrontato le persone e i familiari senza censurarsi, lui è così com’è e non si nasconde più, ha imparato ad accettarsi, a non sentirsi sempre in colpa, ha imparato a guardare la gente negli occhi. Oggi lotta per i suoi diritti e per la sua libertà di essere. E’ un uomo da ammirare per il costante impegno che mette, in prima persona, per le cause in cui crede. Oggi è un uomo in costruzione, ha ancora molta strada da fare, ma ha già imboccato la strada giusta e ha indosso le scarpe migliori e mi auguro di potergli sempre camminare al fianco e continuare ad imparare da lui.
Egon: Mi sembra innanzitutto che si sia liberato di alcuni fardelli del passato e che ora viva nel presente.
Alcune difficoltà ci sono sempre e non si possono nascondere: il lavoro, la stabilità economica, la fatica di trovare una collocazione adeguata in questo periodo di grande crisi economica.
Eppure questi aspetti contingenti e pratici, seppur importantissimi, sembra affrontarli adesso con una grande calma interiore, con una grande forza.
Non si avverte più in lui il tema del fallimento, della perdita ma piuttosto la consapevolezza di esserci, di aver resistito, di aver lottato per far emergere il vero sé, da cui tutto può avere inizio.
Il senso di dignità è ancora aumentato, è come se dicesse “ehi, sono qui, sono io ed ho diritto ad esserci” e la forza calma che emana è grandissima.
Come immaginavate allora la transizione, i risultati che avrebbe portato, il vostro futuro e come ne parlavate insieme?
Andreas: Io ed Egon iniziammo ad assumere gli ormoni praticamente ad un paio di settimane di distanza l’uno dall’altro e quindi eravamo ansiosi di vedere i rispettivi cambiamenti e di discuterne insieme, eravamo già “istruiti” sui cambiamenti e sugli effetti collaterali della cura, grazie ai medici, agli amici FtM che ci avevano preceduto e all’informazione e sapevamo bene cosa aspettarci, ma si sognava ad occhi aperti la barba folta, i muscoli, i peli sulle gambe… una certa virilità, ci scherzavamo e ne parlavamo, il nervosismo, la scomparsa del mestruo, l’arrivo dei primi peli, tutti accolti come la nascita di un bebè. Eccitati all’idea che il grasso si sarebbe spostato e tolto da quelle parti prettamente femminili, i sogni sul nostro pettorale futuro, dopo l’intervento di mastoplastica demolitiva, il desiderio di essere riconosciuti come uomini dalla famiglia, dalla società, dalle istituzioni. Si confabulava come due adolescenti in crescita perché tali ci sentivamo, due ragazzini in piena fase ormonale, con i nostri sbalzi d’umore e con la voglia di liberarsi “giocando” anche un po’.
Egon: Ho incontrato Andreas il primo giorno in cui sono andato in quello che è poi diventato il punto di riferimento imprescindibile per il mio percorso, il consultorio Transgenere; abbiamo iniziato la terapia ormonale sostitutiva mascolinizzante quasi lo stesso giorno; abbiamo la stessa età; ci siamo frequentati tantissimo per tutto il primo anno della nostra comune avventura… per me è una testimonianza importante di quello che siamo riusciti a fare, nonostante le difficoltà, e per questo ho voluto questa intervista, per mettere una specie di suggello ad un rapporto particolare, basato sulla condivisione di momenti altrettanto particolari.
Quando inizi la transizione ti senti un po’ un alieno su questa terra, un estraneo nei luoghi stessi della tua vita, alle volte diventa difficile la comprensione delle persone che ti hanno accompagnato fino ad allora, che raramente riescono a seguire i tuoi cambiamenti senza grandi difficoltà.
Quindi ti senti un po’ solo, in un momento dove invece hai bisogno di sostegno, di condividere, di sentirti forte mentre intorno tutto crolla.
Allora diventa importante lo scambio tra pari, il gruppo di simili, il trovare persone a cui parlare e con cui informarsi delle cose che in quel momento ti coinvolgono di più: il percorso, quello che succederà al tuo corpo che finalmente cambierà in un modo in cui avevi sempre sperato e non credevi possibile, quello che è necessario fare per ottenere queste cose, il confronto con chi è più avanti e ce l’ha fatta.
Si diventa un’altra volta come adolescenti, si esce in “branco”, si parla dei nostri sogni, di quello che vorremmo, di quello che ci accade.
Il corpo cambia, si sperimentano sensazioni mai provate… è come avere quindici anni ma con il cervello di quaranta, che sta da spettatore sbalordito dei cambiamenti fisici ed emotivi…
Era come se io e Andreas stessimo vivendo due dimensioni parallele, una presente, in cui affrontavamo le prove che la vita ci metteva davanti, anche molto grosse, ed una completamente proiettata verso il futuro, dove la terapia sarebbe stata completata, non avremmo più avuto il seno, il nostro aspetto sarebbe stato completamente maschile e la nostra realizzazione massima.
In effetti l’aspetto fisico, il conquistare un aspetto maschile, era per noi, in quel momento la conditio sine qua non di tutto il resto.
Nel frattempo uscivamo, ci ritrovavamo la sera con gli altri ragazzi nei locali friendly e ballavamo (sopratutto io) e ridevamo…ed io alle volte anche piangevo, perché lo stress era tanto e tanta la preoccupazione di non farcela.
Forse non avevamo un’idea precisa del futuro, se non che tutto o quasi sarebbe cambiato e che saremmo stati testimoni uno dell’altro.
A distanza di due anni dall’inizio della transizione le vostre aspettative si sono realizzate? E’ successo quello che desideravate?
Andreas: Sono passati esattamente 26 mesi dall’inizio del nostro cammino in parallelo, entrambi assumiamo testosterone, anche se due tipi diversi, l’anno appena passato ha regalato ad entrambi il nostro tanto sospirato pettorale, ci è cresciuta la barba e siamo una foresta di peli incolti, la muscolatura è cambiata e lui si è fatto bellissimo. Le nostre voci si sono abbassate rendendole maschili, siamo riconosciuti come uomini e nessuno (o quasi) sbaglia più pronome con noi. Attendiamo entrambi l’intervento di isterectomia per poi avere il cambio dei dati anagrafici. Faremo la visita insieme e chissà che non saremo operati a poca distanza anche questa volta. Direi che quello che abbiamo sperato, sognato e fortemente voluto si stia avverando non solo grazie agli ormoni, ma grazie anche al lavoro che ognuno di noi ha fatto su se stesso per cercare di raggiungere una serenità interiore. Stiamo lavorando per far combaciare i nostri Io interni con quelli esterni, abbiamo imparato a sorridere nuovamente tenendoci per mano, non mollando nei momenti bui.
Egon: Come ho detto non avevo un’idea precisa di quello che sarebbe successo con la transizione, non riuscivo a farmi un’immagine di me nel futuro, di quello che avrei fatto, avevo solo l’urgenza impellente di essere riconosciuto socialmente per quello che mi sentivo, un uomo, e di uscire da una situazione che mi dava profonda sofferenza.
Avevo tanta confusione dentro ed intorno a me ed ero pieno di ansie e paure.
L’unica cosa che volevo era un posto dove abitare con i miei figli e un lavoro per mantenerli, ma non riuscivo a visualizzare quale, mi bastava sopravvivere a quel momento di crisi.
Se guardo indietro mi chiedo dove ho trovato la forza di resistere ed affrontare tutto, tutta la mia vita costruita in precedenza che sembrava sgretolarsi e nello stesso momento mi chiedo anche come ho potuto avere così poca fiducia in me da non percorrere da subito la mia strada.
Semplicemente prima non avevo la centratura in me stesso, la consapevolezza del mio valore, del mio essere che ho conquistato adesso.
Mi rendo conto che ci sono stati momenti in cui ho perso tutto per poi riprendermelo: l’amore dei miei genitori, la capacità di essere un buon genitore, una casa, un lavoro, una relazione stabile…
Credevo di non essere il tipo di persona capace di sopportare una transizione ed ora invece ho la consapevolezza di poter affrontare tutte le sfide, presenti e future, e che non si muore per le difficoltà che la vita ci pone davanti.
L’avere il petto piatto e maschile, avere i fianchi stretti, avere la faccia da uomo è bellissimo, ma niente è così bello come la serenità che l’aver transizionato mi ha dato e l’amore per la mia vita.
Come lo vedi tra cinque anni?
Andreas: Egon tra 5 anni… Lo vedo un uomo felice, sano, sereno, sicuro di sé. Amato e rispettato, ricercato e ben voluto da tutti. Sarà colui che ha sempre desiderato essere perché se lo merita, perché avrà fatto un percorso immane per arrivarci e tra 5 anni saremo ancora seduti intorno ad un tavolo a confabulare come due giovanotti! Auguri fratello mio.
Egon: Appena uscii, nel 2011, regalai ad Andreas il libro di Fabio Botti, “Di corsa, di nascosto”, dove erano narrate delle storie di uomini omosessuali, storie di uomini spesso in fuga da se stessi e che si ritrovavano in luoghi e modi inaspettati. Lui si immedesimò con la storia del “falegname buono”, un uomo possente e mite, che lavorava il legno nell’azienda di famiglia, e che poi viene ritrovato dall’amante in una bella casa in campagna, intento ad intagliare il legno e ad occuparsi di splendidi cigni in un lago dietro alla sua dimora: ecco, io lo immagino così: calmo, composto, gentile, forte e felice delle cose che ha.
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