La denuncia di una coppia lesbica milanese: "Diritti violati" perché alle elezioni d'istituto è ammessa soltanto la madre biologica. "Avevamo sempre fatto tutto assieme. Ora la nuova preside ci nega questa possibilità"
di ZITA DAZZI Due mamme e due bambini. Una famiglia che al giorno d’oggi non è così strano incontrare in una scuola di Milano. Alle elementari Barozzi, in via Bocconi, di coppie di questo tipo ce ne sono addirittura cinque. E nessuno si è mai scandalizzato, tanto che da sempre era dato per scontato che alle elezioni dei rappresentanti di classe, potessero votare entrambe le madri. Ma quest’anno le cose sono cambiate. «Per la prima volta ci è stato detto che può votare solo chi tra noi due è la mamma biologica dell’alunno», raccontano le due compagne. «In passato firmavamo un modulo, eliminando la voce “padre” e mettendo due volte la voce “madre”. La scuola non ha mai avuto nulla da ridire e abbiamo sempre votato in due, come fanno tutte le altre famiglie della classe. Quest’anno non si può più».Le due mamme si sono presentate in presidenza per chiedere spiegazioni e la nuova dirigente, Crocetta Calabrese, preside di lungo corso, ha spiegato quello che dice la legge italiana. «Io non voglio discriminare nessuno, ci mancherebbe — spiega la dirigente — Ma quest’anno le iscrizioni si fanno online e il sistema non accetta i nomi di due madri. E non sono certo io che posso cambiare il sistema informatico e adattarlo alle novità che si presentano nella realtà sociale. In quanto funzionario pubblico sono tenuta a far rispettare i regolamenti. Quindi, io posso fare votare una sola madre: quella che ha iscritto il figlio e che esercita la potestà genitoriale. Oppure diversamente, in assenza della madre, posso fare votare chi ne fa le veci, avendo la “tutela legale” del minore. Che questa persona sia una donna o un uomo, non interessa alla legge. Ma solo queste sono le facoltà date dalla norma. Io altro non posso fare, neanche volendo».
Le due donne, di fronte a questo discorso, ineccepibile dal punto di vista formale, non si arrendono. «Sarà così la legge — rimarcano — ma fino all’anno scorso, le cose andavano diversamente. Come per gli altri alunni votano sia il papà sia la mamma, anche noi due vorremmo esercitare il diritto di voto. Un conto è essere rigorosi nell’applicazione del diritto, un altro conto è l’eccesso di zelo. Manderemo una lettera di protesta». La questione non si può risolvere a livello di singola scuola e nemmeno bollare come discriminazione contro una coppia gay.
«Io sono per la libertà individuale e ho piena consapevolezza che la famiglia è mutata nel tempo e che la legislazione dovrebbe adeguarsi alla mutata realtà sociale — spiega la preside — ma è la mia opinione personale, non la legge. Ho invitato le due signore a venire da me in presidenza lunedì per discutere la questione e anche, eventualmente, per sottopormi un documento in materia. Spero ci si possa confrontare e sicuramente mi avranno al loro fianco per la presa di coscienza collettiva di questa loro rivendicazione, che io condivido. Ritengo che in un ambito educativo dove si insegna la pluralità, la legge debba adeguarsi. Ma non sono io il legislatore».
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