Σάββατο 12 Σεπτεμβρίου 2015

UNIONI CIVILI E MATRIMONIO EGUALITARIO MIGLIORANO LA SALUTE DELLE PERSONE

12 settembre 2015
In queste settimane, parlando di unioni civili, ci si concentra maggiormente su quelli che sono i contenuti normativi del disegno di legge “Cirinnà”, sugli articoli, sugli emendamenti, sul cosiddetto “nero su bianco”, sui diritti e doveri immediati che scaturirebbero per le coppie LGBT una volta approvato il testo. Nei casi peggiori si racconta solo della cronaca quotidiana legata magari a qualche boutade spicciola di fine estate.
In realtà c’è molto di più: c’è qualcosa di intangibile oggi per di molti di noi, che è un effetto collaterale che potrebbe riguardare tutti noi nell’immediato futuro. Sto parlando degli effetti che potrebbe avere sulla salute delle persone, la possibilità di contrarre matrimonio estesa a coppie dello stesso sesso.
Si è interrogata su questo tema la dottoressa Laura Velutti, medico chirurgo e specialista in oncologia medica, che per conto di Love Out Law – la rete di coppie same sex sposate all’estero – ha analizzato il tema dal punto di vista tecnico in uno studio, di cui è disponibile in versione open un interessante e approfondito abstract.

https://gayswithkids.com/

“Quante vite potrebbero essere prolungate o salvate se le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) avessero le stesse condizioni sociali e culturali di cui godono le persone eterosessuali?” riporta Velutti, citando la frase che chiude una lettera agli editori pubblicata sul Journal of Clinical Oncology (JCO) scritta dai referenti del National LGBT Cancer Network americano in risposta ad un articolo apparso sulla stessa rivista nel novembre del 2013. In quell’occasione la rivista aveva pubblicato il lavoro “Stato civile e sopravvivenza nei pazienti affetti da cancro”, che aveva lo scopo di analizzare la sopravvivenza dei pazienti affetti da neoplasia in relazione al proprio stato civile. La conclusione di questo studio era chiara e precisa:  “i pazienti non sposati hanno un rischio significativamente più alto di presentare alla diagnosi una neoplasia in fase metastatica, di non ricevere un trattamento adeguato ed hanno un rischio maggiore di morire per la loro malattia. Lo studio evidenziava quanto fosse importante il supporto ed il riconoscimento sociale dato dal matrimonio per la diagnosi precoce ed il trattamento delle neoplasie ed indicava che questi fattori impattano significativamente sulla sopravvivenza.”
Velutti sostiene che ogni medico è consapevole che curare un paziente coniugato è diverso rispetto a curarne uno single, si pensi ad esempio a pazienti con patologie che necessitano un controllo cronico e costante, come cure con insulina o anticoagulanti orali. Vale ancora di più per gli oncologi, che sanno che in caso di paziente con neoplasia avanzata che fanno trattamenti settimanali è indispensabile un “care giver” che lo accompagni, altrimenti potrebbe non accedere più alle cure giuste per il suo caso.
Velutti afferma che la letteratura scientifica che ha analizzato la correlazione tra cure socio sanitarie, orientamento sessuale e riconoscimento legale dei legami di coppia, è molto ricca ed eterogenea.

Lo studio del 2014 “Matrimonio per persone dello stesso sesso: una prescrizione per una salute migliore” pubblicato dal New England Journal of Medicine (NEJM), denuncia in maniera inequivocabile le ingiustizie che sono emerse in base alla discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere: “Lo stigma sociale e l’assenza di una legislazione che parifichi le coppie omosessuali a quelle eterosessuali, nei diritti e nei doveri, e che ne faciliti la visibilità e l’accettazione nella comunità, hanno un impatto notevole sugli esiti di salute: dagli stili di vita, alla prevenzione, dalla diagnosi precoce alla cura di una patologia in atto. Gli autori suggeriscono come una legislazione sul matrimonio egualitario possa migliorare la salute e l’accesso all’assistenza sanitaria per le persone LGBT. In questo studio si rileva che molte persone LGBT riportano risultati peggiori riguardo a salute fisica e mentale rispetto alla popolazione eterosessuale. Ciò viene spiegato come conseguenza dello stress provocato dalla appartenenza ad una minoranza stigmatizzata. Politiche discriminatorie verso le persone LGBT possono infatti generare sentimenti di rifiuto, di vergogna, bassa autostima, tutti fattori che influenzano negativamente i comportamenti relativi alla salute.”
Lo studio dell’oncologa milanese si sofferma poi sulle analisi della salute delle persone LGBT affette da neoplasia e afferma che esistono numerosi studi che confermano in maniera univoca la relazione tra stato civile e migliori risultati in termini di accesso alle cure e alla sopravvivenza. Nel 2014, sulla rivista medico scientifica Cancer appare una pubblicazione che evidenzia come “nei pazienti affetti da neoplasie del distretto cervicofacciale le persone sposate abbiamo una minore probabilità di presentarsi in fase metastatica alla diagnosi e contestualmente maggiore probabilità di ricevere un trattamento curativo e addirittura abbiano meno probabilità di morire par la loro patologia”.
Gli esperti sanno che le neoplasie del distretto cervicofacciale sono influenzate anche dalle condizioni sociali, in quanto sono presenti maggiormente in soggetti con esperienze di abuso di alcool e fumo; ma due ulteriori studi, presi in considerazione da Velutti, prescindono dagli stili di vita: il primo è uno studio apparso nel 2013 su Psycooncology che “analizza la storia di quasi 50.000 donne affette da neoplasia dell’ovaio”…“indica che il matrimonio è significativamente associato ad un aumento della sopravvivenza.” Il secondo studio giunge a conclusioni analoghe, ed è una pubblicazione del 2012 su Urologic Oncology: “su 30.000 pazienti con cancro del testicolo: in questa analisi i dati addirittura indicano che lo stato civile del paziente coniugato è predittivo di aumento di sopravvivenza.”

Nello specifico dei pazienti LGBT, giunge a conclusioni ancora più nette l’articolo “La questione delle coppie dello stesso sesso nella cura del cancro” pubblicato a gennaio 2015 sul Journal of Oncology Practice: “rimarca l’evidenza di un migliore esito dei pazienti coniugati e pone con forza l’attenzione sul fatto che le persone LGBT non ricevono le stesse attenzioni da parte della comunità scientifica rispetto ad altre minoranze. Gli autori invitano a intensificare programmi educazionali, servizi e ricerca per quanto riguarda le persone LGBT affette da cancro. Essi affermano che garantire un ambiente clinico non discriminatorio con personale culturalmente competente, preparato sulle esigenze specifiche di questi pazienti, potrebbe aiutare a migliorare l’accesso alle cure. Inoltre far partecipare il partner ai processi decisionali che riguardano le cure potrebbe migliorare l’aderenza ai trattamenti.”
Un messaggio simile in realtà era già emerso nel 2006, pubblicato sulla rivista medica inglese Journal of Epidemiology and Community Health da un gruppo di studiosi e intitolato: “Quello che le unioni civili tra persone dello stesso possono significare per la salute”, dove “si afferma che il matrimonio conferisce benefici per la salute alle persone eterosessuali, uomini e donne, e benefici analoghi potrebbero verificarsi per gli omosessuali in caso di introduzione di leggi sulle unioni civili. Gli autori inoltre sostenevano che il riconoscimento sociale e giuridico di queste relazioni potrebbe ridurre le discriminazioni, aumentare la stabilità delle relazioni stesse e portare a una migliore salute fisica e mentale per le persone LGBT.”

Velutti registra come sia interessante la tempistica di questa pubblicazione: inviata all’editore alla fine del 2005 esattamente nello stesso momento in cui veniva approvata nel Regno Unito la legge sulle unioni civili. Legge oggi superata dall’entrata in vigore nel 2014 della legge sul matrimonio egualitario.
In definitiva la letteratura medica ci dice che “le persone LGBT che vivono in una relazione legalmente riconosciuta, in particolare se legate dal matrimonio, hanno meno problemi di salute, avvicinandosi ai rilievi che si ottengono nella popolazione eterosessuale”.
Mentre in Italia nei giorni attuali si discute ancora e solo delle unioni civili, come se non si potesse ancora nominare il matrimonio egualitario, in Irlanda il Ministro della Salute Leo Varadkar ha celebrato il disegno di legge sul matrimonio egualitario, entrato poi in vigore grazie allo storico referendum popolare dello scorso maggio, con queste parole:
“Quello che vi presento non è un disegno di legge sul ‘matrimonio gay’, si tratta di ‘matrimonio uguale per tutti’. Non si tratta di indebolire una delle più forti istituzioni della società, si tratta di rafforzarla rendendola inclusiva e per tutti. Si tratta di rimuovere il senso di vergogna, isolamento e umiliazione di molti che si sentono esclusi. Questa legge fa loro sapere che l’Irlanda è un paese che crede nella uguaglianza davanti alla legge per tutti i suoi cittadini.” “Questo disegno di legge consente a uomini e donne omosessuali, per la prima volta, di essere cittadini uguali a tutti gli altri nel loro stesso paese. Nessuna eccezione; senza limitazioni; senza condizioni; proprio uguali. Questo non è un atto di generosità per una minoranza, ma è un atto di leadership da parte della maggioranza.”

La conclusione della dottoressa Velutti è un interrogativo a cui il Paese e la classe politica attuale non possono ancora sottrarsi:
E’ etico trascurare che minoranze significative della popolazione italiana vivano senza alcune fondamentali tutele, senza l’appoggio delle istituzioni e della comunità, e che queste persone siano esposte a rischi significativi per la loro salute?
E’ accettabile trascurare il fatto che potrebbe essere guadagnato tempo prezioso di sopravvivenza di tanti cittadini affetti da neoplasie e che potrebbero essere salvate vite – salvate vite! -se anche nel nostro Paese si arrivasse, oramai con un ritardo colpevole davanti alla storia, ad una legislazione che rendesse tutti i cittadini uguali davanti alla legge?

Alcune settimane fa Love Out Law ha inviato lo studio citato ai parlamentari che stanno discutendo in questi mesi il disegno di legge “Cirinnà” e alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin. E’ soprattutto a quest’ultima, dalla quale non hanno per ora ricevuto alcun segnale, che chiedono una presa di posizione e sollecitano in maniera urgente un confronto serio.

A margine è curioso segnalare uno scambio che ho avuto personalmente con la dottoressa Velutti nelle scorse settimane: già da qualche settimana conosco il suo studio e quando poche settimane fa, al Meeting di Comunione e Liberazione, il padre dominicano Giorgio Carbone ha affermato che le coppie LGBT sono più esposte a malattie cardiovascolari e suicidi, citando uno studio danese, ho chiesto subito all’oncologa una sua opinione che riporto testualmente: “Lo studio <<Marriage, cohabitation and mortality in Denmark: national cohort study of 6.5 million persons followed for up to three decades (1982–2011)  >> a cui ha fatto riferimento Carbone è un’analisi epidemiologica danese molto complessa, in cui sono state seguite 6 milioni di persone per 30 anni, quindi, innanzitutto, non può essere liquidato con due semplici battute. Tuttavia, dovendo sintetizzare, conosco quello studio e va nella direzione coerente e concorde con gli altri studi: guardando due grafici (figura 2 pagina 7) si vede chiaramente che l’esposizione del rischio di morte – per tutte le cause – crolla fortemente per entrambi i sessi dal 1990 in poi per le persone in matrimonio same sex (legge del 1989). C’è poi nel maschio un picco attorno al 1995 che è purtroppo interpretabile come la coda delle infezioni da HIV del decennio precedente, picco che poi va ad esaurirsi con l’introduzione alla metà degli anni novanta di efficaci farmaci antiretrovirali. Il rischio di morte diventa poi, nel maschio, identico a quello degli altri gruppi. Vi è invece un modesto, non drammatico, aumento nella femmina negli anni più recenti che andrebbe contestualizzato con le variabili degli stili di vita ed altre variabili sociali, ma comunque infinitamente meno di prima della legge e assolutamente non significativo.”

I diritti, a volte, hanno delle maschere, non si lasciano vedere a prima vista, oppure si nascondono dentro ad altri diritti. Ma ci sono e, spesso, sono proprio quelli più preziosi: da difendere subito, mica domani.


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