Daniela racconta la storia della sua famiglia: la decisione di avere un figlio, il viaggio all’estero, il parto a Treviso
Già due casi di donne, coppie di fatto nella vita, che quest’anno sono diventate madri, al Ca’ Foncello, dopo essere ricorse all’estero alla fecondazione eterologa. L’ultimo, in ordine di tempo, lo scorso 21 novembre. Ma non sono casi isolati: nella provincia di Treviso le coppie che hanno già intrapreso il medesimo percorso sono tante. Parola di Daniela, 47 anni, che ha deciso di creare una famiglia con la sua compagna più di 10 anni fa. Una coppia “pioniera” se così si può dire. Daniela è mamma di una bella bimba di dieci anni e mezzo: oggi, dice, il vero problema non è l’integrazione nella società di famiglie arcobaleno, bensì il riconoscimento legale del secondo genitore.
Quando avete deciso di diventare una famiglia?
«Poco più di dieci anni fa: siamo ricorse alla fecondazione eterologa all’estero. Sono diversi gli stati in cui è possibile farlo anche per le coppie omosessuali. In Danimarca, Belgio, Spagna, Scandinavia, per esempio. All’epoca non erano molte le coppie a percorrere questa strada: ci siamo confrontate con famiglie di altre città che l’avevano già fatto. Abbiamo affrontato colloqui preparatori .... e poi... e poi ci siamo buttate».
Alcuni dicono che il ricorso alla fecondazione eterologa sia un lusso, dal punto di vista economico.
«È vero, ma relativamente. Se uno non ha problemi di fecondità circa un migliaio di euro a tentativo».
E il benessere psicologico del bambino, in famiglie con genitori dello stesso sesso. Lei cosa pensa?
«La ricerca internazionale ha dimostrato oramai da decenni in modo unanime che il benessere dei bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali è pari a quello dei bambini cresciuti in famiglie tradizionali. Lo stesso vale per adolescenti e giovani: associazioni internazionali di pediatri, psicologi, sociologi lo ribadiscono con sicurezza».
Studi che ha potuto testare con mano: come va con sua figlia?
«È una bambina felice, nata e cresciuta nell’hinterland trevigiano. Ha due mamme ma vive la situazione in modo assolutamente normale, così come le maestre, i compagni di scuola e i loro genitori, i vicini di casa, le nostre famiglie. Treviso credo sia una città molto più accogliente di quanto si pensi: se c’è un’apparente diffidenza rispetto a certi temi, nella vita quotidiana di tutti i giorni c’è un’accoglienza e un rispetto assoluti. Indipendentemente dalle posizioni ideologiche e religiose nel quotidiano ho riscontrato grande apertura e umanità. Perché dal punto di vista umano, vedere una bambina con due mamme, e felice, rende sereni».
Oggi il vostro è un caso quasi isolato o le famiglie omogenitoriali sono molto più numerose di quanto si creda?
«Sono tante, tantissime. La maggior parte sorte dopo che uno dei due genitori ha modificato la sua inclinazione sessuale. Ora aumentano quelle formate dopo il ricorso alla fecondazione eterologa. Non li vediamo solo perché sono come tutti gli altri».
Se il problema non è l’integrazione nella società, allora qual è il vero nodo della questione?
«L’assenza di leggi che tutelino i bambini di queste famiglie. Dobbiamo iniziare ad occuparcene sul serio, non con dibattiti teorici sull’opportunità o meno della loro esistenza, perché già ci sono. Questi bambini hanno due genitori di fatto, ma uno di loro non è riconosciuto. Se dovesse accadere un lutto, una separazione, come può accadere in tutte le coppie, cosa ne sarà del bambino? Oggi l’unica cosa che veramente manca è il riconoscimento legale del secondo genitore.
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