Venerdì 6 Novembre 2015 |
Lo ha deciso la Corte Costituzionale in una storia sentenza depositata ieri
La Consulta è stata chiamata a interpretare la legge 164 del 1982 sul cambio di sesso, che i giudici italiani avevano sempre tradizionalmente applicato imponendo alla persona transgender l'obbligo di operarsi come prerequisito per ottenere la rettifica all'anagrafe. Ma poi, negli ultimi anni, sono intervenute le sentenze di alcuni tribunali – Roma, Siena, Rovereto, Messina – e quella della Cassazione , del luglio scorso, relativa alla richiesta diSonia Marchesi, transgender piacentina che si era vista rifiutare il nuovo documento prima dal tribunale di Piacenza e poi da quello di Bologna.
Il transgender trentino era stato affiancato nella sua battaglia da diverse associazioniLgbti: Mit, Onig, Associazione Radicale Certi Diritti, Libellula, la Fondazione Gic, la Rete avvocatura Lenford. Che adesso esprimono soddisfazione per la sentenza della Consulta
«Diventerò donna senza dovermi operare»
Modena, 8 novembre 2015 - Dal tribunale di Modena esce una sentenza storica, una delle primissime in Italia dopo quella emessa a luglio dalla Cassazione. Con il documento tra le mani, infatti, una ‘ragazza T’ (transessuale) potrà ottenere il cambio di sesso all’anagrafe senza doversi sottoporre all’intervento chirurgico agli organi sessuali. Una decisione, che arriva dopo una prima sentenza della Cassazione appunto che permetterà ad una studentessa carpigiana di 27 anni di potersi sentire se stessa, senza doversi sottomettere ad operazioni invasive. Perchè? Ci si potrebbe chiedere: l’intervento era obbligatorio per ottenere il doppio documento? Si, almeno in base all’ interpretazione della legge 164 del 1982, secondo la quale la rettificazione di attribuzione di sesso doveva essere preceduta dalla effettuazione di un intervento chirurgico debitamente autorizzato dal giudice competente. Ora anche il tribunale modenese si è espresso a favore del diritto di una persona di poter modificare i propri dati anagrafici senza ‘intervenire’ sugli organi genitali. Così come, l’Ateneo di Modena e Reggio – dato confermato nell’ambito del convegno promosso dal Comune contro l’omofobia – va verso il doppio libretto agli studenti trans, al pari di diverse Università italiane.
«Sono felicissima, quasi non ci credo – afferma commossa Milena Bargiacchi - è la prima sentenza a Modena ed una delle primissime in Italia. Infatti molti transessuali non avvertono la necessità di sottoporsi al cambio di sesso, ma fino ad oggi il comma 3 della 164, che cita: qualora ve ne sia la necessità il giudice stabilisce l’intervento con sentenza – veniva interpretato come obbligo. Quindi rimozione delle gonadi negli uomini per diventare ragazze ed isterectomia per il processo contrario. Un procedimento avvertito come una vera e propria violenza, alla quale tanti trans si sono comunque sottoposti per vedersi riconoscere la propria identità».
Milena racconta di aver iniziato il procedimento giudiziario nel 2012: «Assieme al mio avvocato – spiega - mi sono rivolta al tribunale di Modena affinché la mia richiesta venisse accolta e, qualche giorno fa, è arrivata la sorpresa più attesa. Ora si tratta solo di aspettare i tempi burocratici; a Carpi arriverà il cambio dei dati, poi mi verrà inviata una lettera per andare all’ anagrafe a cambiare i documenti. Insomma, non sarò più Francesco ma Milena, il mio vero nome, quello che ho scelto una notte con le mie amiche».
Il percorso di transizione, per la studentessa, è iniziato nel 2008, attraverso l’Ausl. Riconosciuta la dig, disturbo dell’identità di genere, è poi iniziata la terapia ormonale ed i colloqui con medici e psicologi. «E’ stato per me difficilissimo reperire le informazioni per iniziare il percorso – racconta – anche perché io fin da piccola mi sentivo una bambina, ma sapevo che certe cose, per non dare dispiaceri alla mia famiglia, non le potevo fare. Al liceo, però, ho cominciato a soffrire di crisi di ansia e panico; non dormivo affatto. Sono stati proprio i miei genitori a mandarmi da uno psicologo. Attraverso questo percorso ho acquisito le informazioni che mi mancavano, anche dell’esistenza dei percorsi di transizione. Dopo aver capito chi fossi veramente, ne ho parlato con mamma e papà, che mi sono sempre rimasti accanto».
di VALENTINA REGGIANI |
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Questa sentenza della Corte Costituzionale segue l’altra della Corte di Cassazione del luglio 2015.
L’aspetto positivo riguarda, nell’immediato, l’applicazione della legge 164 del 1982, rispetto alla quale chiarisce in maniera ancor più stringente che per accedere alla riattribuzione anagrafica non è necessario costringere la persona ad un intervento chirurgico di riattribuzuine primaria del sesso.
Tuttavia la precedente sentenza di Cassazione, che recepiva sistematicamente le raccomandazioni della Commissione Europea per i Diritti dell’Uomo sul divieto della sterilizzazione obbligatoria per le persone trans, sanciva il diritto alla totale autodeterminazione della propria identità di genere, svincolando le procedure di transizione da ogni complessità legata a percorsi medicalizzati.
Con questa sentenza, che in sostanza renderebbe in principio non più obbligatoria una revisione della legge 164, il rischio che bisogna evitare è quello di cristallizzare la nostra norma sulla complessità attualmente prevista per il percorso di transizione, ancora sostanzialmente medicalizzato, ed ancora vincolato a procedure che prevedono complessi passaggi nelle aule dei tribunali.
L’auspicio è che si riprenda, con maggior vigore, il dibattito sulla necessità di allineare la nostra normativa a quelle dei paesi più avanzati, in cui l’aspetto centrale è costituito dal diritto all’autodeterminazione delle persone trans, in un’ottica di totale depatologizzazione.
Ottavia D'anseille Voza